venerdì 8 agosto 2014

E lei lo prese. Tutto. Fino in fondo.

E lei lo prese. Tutto. Fino in fondo.


Non dimenticherà mai quel giorno nel quale Lui le prese la verginità. Non le chiese nulla. Si prese quello che voleva. La legò al palo. Iniziò subito a infilarle le dita. Uno alla volta implacabile. Se lei osava irrigidirsi o opporre resistenza la colpiva con il cane.


Urlò, pianse ma Lui fu implacabile. La spaccò poco alla volta. Glielo ficcò dentro con decisione, sempre più giù con foga animalesca. E lei si arrese. Imparò come doveva fare fra un colpo e l’altro.
Il dolore era al culmine. Solo dolore, tanto dolore. Pompava, stantuffava, la dilaniava. Era come se lei non fosse una persona ma un buco da riempire. E Lui lo disse:

“Sei solo un buco, il buco del tuo Padrone. Tu non sei niente e il bello deve ancora venire”.


Andò avanti così per lungo tempo. Avevo il buco del culo in fiamme. Mi pareva che mi fosse entrato una mazza enorme. All’improvviso lo sfilò e dopo essersi lubrificato la mano me la infilò. Spingeva, girava, dentro e fuori. Persi ogni ritegno. Urlai,mi dimenai. Infilò di nuovo il suo cazzo. Tutto in una volta, me lo spinse con violenza. Uscì un’altra volta e infilò di nuovo la mano. Andò avanti così all’infinito. Squassata, gemevo ma ne volevo ancora.


In mezzo alle gambe, ero un lago. Mi maledii. Maledizione al mio corpo che ancora una volta mi aveva tradito. Poi, il nulla.


“Vacca, il tuo buco ora è sfondato. Per mantenerlo così ora infilo questo dildo. Sarà parecchio fastidioso ma ora che sei vacca ci devi rimanere. Fra poco tornerò e ti allargherò ancora di più.
Arriverai alla larghezza che io deciderò. Giorno dopo giorno, sempre più larga. Ora resta lì. “


E me lo mostrò. Era grosso e lungo con un anello alla base, larga per impedire che lo risucchiassi dentro. Lo fissai inorridita. Lo infilò dentro e lo bloccò con una catena tirata al palo alla quale ero legata. Rimasi così per ore.


Tutti i diritti riservati –copyright Lara Bianchi


lunedì 4 agosto 2014

UNA CAGNA SCHIFOSA E LUSSURIOSA



‘Sei una cagna. Un essere lussurioso e oggi farai godere con la tua depravata lussuria chi io deciderò’



Nuda e legata. Mi ha bendata . Non so dove mi trovo anche se capisco di trovarmi in un luogo all’aperto. Tremo, ho freddo. Sono dolorante dopo il trattamento ricevuto precedentemente. I piedi mi fanno male. Le braccia sono legate dietro alla schiena.
Uno scocchio di dita. E’ il Suo ordine. So cosa devo fare e mi metto in ginocchio.

‘Brava, cagna.’ Mi dà una spinta con il piede. Cado. ‘Ora rotola’.

Obbedisco. Sento un odore forte. Urina ed escrementi. Mi ha portata in un porcile.


‘Fai schifo, ora sei proprio una scrofa completa. Possiamo iniziare.’

Mi prende per i capelli e mi trascina. ‘ Sai quello che devi fare.’
Cerco la patta dei Suoi pantaloni. La trovo. Con i denti gli tiro giù la cerniera. E’ faticoso. Mi sento umiliata, trattata da oggetto. Il mio ollezzo è insopportabile. E’ il mio destino. Usata, abusata, trattata peggio di un animale.



‘Forza, dacci dentro.’ E tira fuori il Suo membro. Inizio a leccarlo. C’è la già duro. Un’asta turgida, vogliosa che sa domarmi. ‘Apri la bocca’. Un fiotto caldo mi innonda. ‘Bevi, cagna fino all’ultima goccia e poi pulisci il tuo Padrone’
Lo prendo in bocca e inizio a lavorargli la cappella. La bacio, la idolatro, la vezzeggio. Con la lingua lo stimolo. Lo prendo di più. E’ grosso, quasi non riesco a prenderlo tutto.
‘Apri quella schifosa fogna’ Mi prende per i capelli e inizia a muoversi dentro.
‘Ferma ho detto. Voglio usare la tua bocca come se fosse la tua inutile figa. La voglio sfondare. Infilartelo fino in gola. Soffocarti. Vedere le tue lacrime.’

Non mi risparmia. Aumenta la velocità. Me lo infila sempre più in fondo. Annaspo, non respiro. Vengo presa dai conati di vomito. Non mangio dalla sera precedente ma vomito l’inverosimile. Le lacrime scendono dai miei occhi coperti dalla benda. Viene in me, calda, sbrodolante, vischiosa.
Non mi dà respiro. Mi sbatte a novanta e mi incula.

‘Sei bella lubrificata, troia. ‘ E’ senza pietà. Spinge, perfora, mi leva ogni forza. Dura poco e mi viene dentro. Crollo al suolo.
‘Una splendida vacca da monta. Sporca, puzzolente, lordosa. Non è finita qua.’
Mi mette un collare di cuoio, puzzolente anche quello. Lo stringe e lo blocca con una catena.
‘Ora ti lascio qua, da sola. Mettiti a quattro zampe, culo all’aria, gambe larghe. Non ti muovere perché io osservo. Fra poco arriverà qualcuno. Voglio che tu lo serva egregiamente. Lo sai che pagherai pegno”.
E se ne va.
Copyright Lara Bianchi






La filosofia nel boudoir-Bdsm creuza du male