domenica 17 settembre 2017

“A HUMBLE BOW”. IL VIAGGIO FOTOGRAFICO DI TOMASO CLAVARINO NEL MONDO SADOMASO

http://www.nuovasocieta.it/luci-della-ribalta/a-humble-bow-il-viaggio-fotografico-di-tomaso-clavarino-nel-mondo-sadomaso/

di Emanuele Rebuffini

Un viaggio in un mondo nascosto, fatto di catene, corde e vestiti di latex. Due anni di lavoro in giro per l’Italia tra party privati, incontri occasionali, appartamenti e alberghi. Tomaso Clavarino (Torino, 1986) è un fotografo documentarista che si è sempre occupato di diritti umani, conflitti, tematiche sociali, lavorando per prestigiose testate nazionali ed internazionali (Newsweek, Vanity Fair, Der Spiegel, Washington Post). “A Humble Bow (Un Umile Inchino)” è il titolo del progetto fotografico dedicato all’universo del BDSM (Bondage, Disciplina, SadoMasochismo): una sessantina di fotografie raccolte nel volume pubblicato dall’editore portoghese The Unknown Books, venti delle quali sono diventate una mostra ospitata dalla galleria d’arte Paolo Tonin (fino al 21 febbraio) ed organizzata come un evento collaterale alla rassegna internazionale sul cinema erotico Fish&Chips Film Festival. Fotografie che turbano e disturbano e che aprono uno squarcio su un universo sommerso che viene solitamente rappresentato in modo stereotipato.


Perché un fotografo che ha realizzato reportage in Europa, Africa e Nord America, occupandosi sempre di conflitti e diritti umani, decide di dedicarsi a un mondo così particolare come quello del bondage e del sadomaso?

«Da un po’ di tempo desideravo affiancare al mio lavoro quotidiano dei progetti più personali da poter sviluppare sul lungo periodo. Lavorando per i media prevale un’informazione veloce, c’è poco tempo da dedicare alle singole storie e questo fa sì che sia difficile entrare davvero nelle realtà che si vogliono raccontare. Per andare in profondità occorre calarsi dentro per un certo arco di tempo. Questo progetto sul BDSM l’ho iniziato quasi per caso, perché mi incuriosisce il substrato culturale e sociale del nostro Paese, soprattutto laddove va a scontrarsi con l’anima più bigotta e conservatrice. Siamo bombardati di preconcetti, mentre io volevo indagare ciò che sta sotto la facciata di quello che leggiamo sul BDSM. Non avevo alcuna conoscenza di questo mondo, non ne facevo parte, così ho iniziato a navigare sul web dove esistono numerose chat e forum per gli appassionati del genere, quindi ho iniziato a contattare le persone dicendo subito con chiarezza chi ero e cosa volevo fare. Poco per volta si sono sviluppati rapporti di fiducia, e questa è la cosa più importante dal punto di vista fotografico. Per un fotografo documentarista come me che crede nell’empatia come strumento e obiettivo del lavoro fotografico, è determinante instaurare un rapporto di fiducia con i soggetti che si vogliono fotografare, ancor di più se affronti un tema così hard. È un lavoro che ha richiesto due anni, tra ricerca, contatti e tempo necessario a instaurare un rapporto di fiducia per poi poter iniziare a scattare.»


Chi sono i protagonisti delle tue foto? Che cosa è il BDSM dal punto di vista sociale e geografico?

«Il mondo BDSM è decisamente eterogeneo, troviamo un po’ di tutto, direi più uomini che donne, nel Nord Italia è più sviluppato e strutturato, da Torino a Milano fino a Venezia, con Bologna come epicentro perché lì si registra un particolare fermento. Per quanto riguarda le classi sociali si va dall’operaio al programmatore informatico, dall’avvocato al manager, anche se sicuramente molti dispongono di un buon reddito, visto che partecipare a feste private o andare da una mistress comporta dei costi.»

Perché il titolo “A Humble Bow”?

«In un forum mi sono imbattuto in un messaggio di uno ‘schiavo’ alla sua mistress che si concludeva con queste parole: “un umile inchino”. Una frase che mi ha colpito, e che contrasta anche con quanto emerge dalle mie foto, perché in un mondo che appare come fatto di violenza e rapporti duri e crudi, alludeva a una qualche dolcezza, a dei sentimenti che effettivamente esistono. BDSM non vuol dire “vado a farmi gonfiare di botte e faccio un po’ di sesso”. Leggiamo molto sul BDSM, ma la realtà di questo mondo ‘nascosto’ è decisamente diversa da come ci viene normalmente presentata.»


Nei tuoi scatti non c’è esibizione di nudo. Il BDSM ha a che fare più con il potere e la denominazione che con il sesso?

«Non volevo dare vita ad un lavoro voyeuristico o rendere queste persone delle macchiette. Il primo stereotipo che emerge dalla narrazione sui media è che si tratti di pervertiti dal punto di vista sessuale. Cosa falsa, non solo perché non sono dei pazzi, degli psicopatici con deviazioni sessuali, ma perché nel mondo BDSM non esiste il rapporto sessuale o, meglio, quelle pratiche non sono finalizzate al rapporto sessuale. Non è quello ciò che conta, ma il rapporto di dominanza tra due persone. Un rapporto ben definito, anche se non ci sono contratti firmati come in Mille sfumature di grigio, ma ci sono regole ben chiare, codici, parole d’ordine che si usano quando ci si deve fermare, non si oltrepassa mai il limite, c’è un profondo rispetto tra le persone. Più che il sesso, c’è la sessualità. Ciò che conta sono la dominazione e la sottomissione, sia fisica sia psicologica, tra due persone, il poter disporre, in certi contesti e in certi momenti, di una persona nella sua totalità. Una persona che ti si dedica o a cui dedicarsi in modo totale. Per qualcuno il BDSM è parte della propria sensualità nella sua interezza, per altri un percorso per scoprire nel profondo la propria sessualità ed andare alla ricerca del proprio Io, per alcuni è uno stile di vita oppure un gioco. Fantasia e humour sono alla base del BDSM, e molte delle pratiche, che al di fuori di un contesto di consensualità sarebbero trattate come violenza sessuale, diventano qui una fonte di mutua soddisfazione e stimolazione per la costruzione di più profonde relazioni interpersonali. Con i miei scatti volevo raccontare le dinamiche interpersonali e psicologiche che si vengono a creare, il nudo in sé non mi interessava in quanto non mi dava nulla in più rispetto a quanto mi premeva narrare.»

www.toningallery.com

www.tomasoclavarino.com




sabato 8 luglio 2017

L’estasi del dolore: l'universo Bdsm negli scatti di Francesco Cabras

http://www.lanouvellevague.it/lestasi-del-dolore-luniverso-bdsm-negli-scatti-di-francesco-cabras/

Oscena è la perdita di sé cui l’esposizione reiterata di immagini espone chi ne è oggetto.
Oscena è l’identificazione con icone che cancellano le identità piuttosto che rivelarle.
Oscena è l’intercambiabilità con cui il corpo si offre allo sguardo, divenendo corpo di tutti.
Oscena è la perdita di singolarità cui la figura è stata sottoposta

Ho ripensato alle parole di Anna D’Elia quando mi sono imbattuta nelle foto di Francesco Cabras,in quei corpi legati, ingabbiati, avvinghiati, congiunti, intrappolati ho visto il pathos di antiche icone cristiane di martirio, ho sentito l’esigenza di annusare una dimensione lontana ma che ho pensato sin da subito estremamente affascinante. Francesco Cabras nella sua carriera ha sperimentato diversi veicoli di comunicazione, la fotografia è stata la prima scoperta, a soli undici anni, quasi un enfant prodige, inizia a scattare immagini divenendo qualche anno dopo corrispondente per diverse testate giornalistiche dove sperimenta molteplici linguaggi legati alla figura: dai reportage di viaggio ai racconti musicali, dimensioni differenti da sondare ma che non riuscivano ad appagare pienamente quella sete di trasparenza, quella voglia di vedere attraverso.

Cabras raccoglie l’eredità fotografica anche nei suoi lavori dedicati alla regia, è da poco tempo però che hacaring-48 ricominciato a scattare e gli sviluppi di questo suo ritorno alle origini sono divenuti una mostra visibile a Milano nello spazio De Chirico e Udovich dove le immagini svelano l’intricato mondo del BDSM. Una lunga chiacchierata con Cabras ha dato luce alla curiosità di capire cosa si cela realmente dietro certe pratiche di costrizione del corpo laddove quel superficiale senso di perversione diviene un elemento tangibile per comprendere la parte invisibile di noi stessi, scoprendo così che nel sotto celato mondo del bondage e del sadomasochismo possiamo rivelare una parte inconscia del nostro essere.

Francesco da cosa nasce il tuo immaginario? Quali sono stati gli apporti visivi che hanno influenzato la tua sensibilità compositiva?

15-bdsm-23 Mi colpiscono e interessano molto la comprensione e la forza del potere psichico delle immagini. L’immagine, come il suono, prima della parola compresa o letta, ha un potere evocativo che non ha necessariamente bisogno di strumenti cognitivi o culturali. Non sempre perlomeno. Un’immagine, se possiede spessore, può attivare la possibilità di sviluppare il senso poetico della vita in chiunque. Il mio immaginario come quello di moltissimi è stato influenzato anche dalla pittura e dalla storia dell’arte. Per esempio i ritratti degli impressionisti, l’iconografia della scuola fiamminga e la ieraticità di certe icone sacre bizantine. Riuscire a ritrarre un volto i cui tratti somatici comunicano qualcosa di sottile o poco comprensibile mi attrae molto. Non è mai stato un procedimento razionale ma quando cerco un viso ho la percezione esatta del tipo di sguardo o di temperatura degli occhi che voglio provare a ritrarre. Nella tradizione iconografica russa i pittori impiegavano molti anni per imparare a cogliere nei santi e nei beati cristiani lo sguardo che dovesse rappresentare la porta di percezione tra il reale e il mondo metafisico, quello che per i cattolici e gli ortodossi rappresentava l’accesso al regno dei cieli. Ecco, mi sembra un buon parametro cui ispirarsi, a prescindere dai risultati ovviamente!


Un’altra influenza essenziale è stata la scoperta stupefatta della bellezza nella materia comune, quella, per intenderci, di Burri e Fontana. E’ un po’ come se abbia avuto sempre bisogno di una dicotomia esistenziale oltre che di espressione: rigore formale ed esplosione emozionale, due elementi che in realtà separiamo spesso solo a causa dei nostri limiti ma che in qualche modo sono parti di una stessa cosa.



Le tue fotografie che in questi giorni sono in mostra a Milano mi hanno colpito perché osservando quelle trasgressioni attraverso un filtro ben delimitato, quasi ci fosse una distanza di sicurezza, un limite invalicabile ho riscontrato la possibilità di sondare un mondo che non mi appartiene ma che credo inevitabilmente dica qualcosa di ognuno di noi, in quella distanza di protezione lo spettatore si lascia trasportare da una dimensione sconosciuta e lontana. Da cosa è scaturita la ricerca di questo tipo di immaginario?

Non ho mai avuto una vera o cosciente attrazione erotica ne’ razionale verso l’estetica del BDSM. Non mi sono mai4-bdsm-7-2 appassionato a quel tipo di pratiche su cui non ho interesse a dare alcun tipo di giudizio etico. Ciò che più mi ha colpito è che in quegli scambi basati sulla punizione e sulla costrizione ho visto un’articolazione di rapporti modulati da uno scambio affettivo e di tenerezza complessi. Per questo motivo ho chiamato il lavoro ‘Tecniche di consolazione’. In mezzo alla cera bollente, ai nodi, alle gabbie, esiste uno scambio fisico che non è sessuale, di sesso ce n’è abbastanza poco, mi appariva più come un bisogno di essere cullati, protetti, curati. Le nostre esperienze infantili sono determinate dai genitori attraverso il premio o la punizione, e questo meccanismo può restare molto presente anche nei rapporti tra adulti. Le relazioni di coppia contengono inevitabilmente giochi di sopraffazione consapevoli o meno, sono aspetti apparentemente più animali che fanno parte di ognuno. Parlare così brevemente e superficialmente come sto facendo di questi temi complessi potrebbe suonare un po’ confusivo guardando ai tanti casi di cronaca che quotidianamente leggiamo, femminicidio eccetera, ma questo legame spesso interscambiabile tra dominatore e dominato è un elemento abbastanza naturale nelle logiche di una relazione e non ha niente a che fare con la criminologia.


La pornografia è ciò che trasforma un corpo in un cadavere. Ho pensato a queste parole mentre riflettevo sul concetto di osceno, che cos’è per te pornografia?

5-bdsm-5E’ una domanda molto difficile. Forse la pornografia è un tentativo fallito di rappresentazione della sessualità. E’ un paradosso, una messa in scena anche molto realistica che desacralizza ed elimina qualsiasi vero rapporto con i sensi e con l’eros. Dopo un’inevitabile seduzione iniziale ciò che rimane fastidioso della pornografia è il grande inganno che mette in scena perché tenta di mostrare il più complesso e semplice momento di intimità personale e cosmica senza riuscirci. L’inganno consiste nell’impossibilità di comunicare quell’atto così misterioso e cruciale. Si potrebbe dire che non siano quelli gli intenti della pornografia, ma credo che sotto tutta questo spiegamento di mezzi ci sia qualcosa riconducibile a quella tensione.


Nell’istante in cui hai scelto di scattare quel tipo di immagini cosa hai cercato realmente? Qual è stata la visione che ha fatto scaturire le tue fotografie?

C’era una componente invisibile al di là di quanto si potesse osservare, diciamo che le forze in gioco erano tante e le più interessanti per me non erano percepibili dalla retina o dal ccd. Ho cercato presuntuosamente di rendere quello. Quindi per risponderti, la visione che ha fatto scaturire le mie fotografie non era visibile! Oltre ai tagli e alle corde esisteva una modalità di affetto e ricerca di amore che in quel contesto acquisivano un forte valore romantico direi. Le pratiche del BDSM vengono messe in atto da tutti noi in misure diverse, non c’è necessariamente bisogno di fruste o lattex.


Photo credit ©Francesco Cabras ‘Courtesy: De Chirico e Udovich Con Temporary’

domenica 12 marzo 2017

Urbex photograpfy: esplorazione urbana di luoghi abbandonati e il racconto de 'La soffitta'

da Wikipedia

L'Urban Exploration (spesso abbreviata in urbex o UE), tradotta letteralmente dall'inglese come "esplorazione urbana", consiste nell'esplorazione di strutture costruite dall'uomo, spesso rovine abbandonate o componenti poco visibili dell'ambiente urbano. La fotografia e la documentazione storica sono ingredienti essenziali di questo hobby e, anche se talvolta esso può condurre allo sconfinamento su proprietà private, non è questa la regola e comunque le intenzioni sono oneste.



L'Urban Exploration è anche comunemente indicata come "infiltrazione"; tuttavia alcuni praticanti preferiscono limitare tale denominazione alla sola esplorazione di siti attivi o abitati. Talvolta viene anche chiamata "speleologia urbana" o "arrampicata urbana", a seconda dei luoghi visitati. Esempi di questa attività sono l'esplorazione di palazzi sia abbandonati che ancora abitati, di sistemi urbani di drenaggio delle acque, di tunnel di servizio, di passaggi sotterranei e simili.


Per sua stessa natura l'urbex comporta diversi fattori di rischio, dai pericoli fisici veri e propri alla possibilità di infrangere la legge con relative sanzioni sia pecuniarie che penali. In diversi paesi, infatti, alcuni comportamenti connessi con l'esplorazione urbana possono violare leggi nazionali, regolamenti locali e interpretazioni più o meno libere delle normative contro il terrorismo, oppure possono essere anche considerati forme abusive di accesso o lesioni della privacy.


Nella fotografia vi sono molti generi. Uno di questi è l'urbex ossia cercare luoghi abbandonati per fare servizi fotografici di forte impatto emozionale e visivo. Nel Bdsm questi luoghi possono essere interessanti per sessioni un pò particolari e diverse dal solito. Il consiglio è quello di andarci sempre accompagnati per evitare brutte esperienze non sapendo chi ci possa essere in questi luoghi che attirano persone di vario genere.

Sicuramente ne uscirà un bel lavoro sia fotograficamente parlando che sado-maso. A volte per raggiungere queste location occorre camminare come ad esempio resti di castelli e fortezze, interi paesi abbandonati. Penso che la fatica per raggiungerli sia ben spesa venendo ripagata anche dal lato emozionale e di forte impatto.

Scrivo racconti e vi lascio l'inizio di uno di questi, intitolato 'La soffitta'.


Lei sapeva di dover essere punita; Lui l'aveva rinchiusa in quella soffitta umida e polverosa con la benda sugli occhi.

Dal vecchio grammofono funzionante la musica si diffondeva nell'ambiente, musica sensuale che accendeva i suoi sensi già abbastanza caldi.

Dal suo petto usciva il suo respiro in maniera sempre più veloce...sapeva che Lui era lì e la stava osservando, sentiva la sua presenza e a volte udiva l'asse del pavimento cigolare.

Quell'attesa la snervava...era questo il suo gioco; lei immobile, a capo chino attendeva e più il tempo passava, più temeva e agognava la sua meritata punizione.(continua)

©Lara Bianchi copyright -pubblicato in data 12 Marzo 2017

























lunedì 16 gennaio 2017

Helmut Newton e la sua visione della donna discinta nella fotografia

http://www.viaggiofotografico.it/3491/helmut-newton-roma/

Helmut Newton, senza dubbio un nome che ha fatto la storia della fotografia anche quando era ancora vivo. Famosissimo e amatissimo da tutti Helmut Newton è sempre stato un personaggio di grande spicco, un divo a tutti gli effetti, parte integrante dello star system che ha sempre raccontato e descritto nelle sue immagini. Newton insomma non è mai stato un osservatore di un certo mondo, non un narratore reporter affascinato dai suoi soggetti, lui raccontava il suo mondo vivendoci dall’interno come suo stile di vita e mostrandoli all’esterno con le sue fotografie come icone di un mondo altrimenti inaccessibile ai più.


Le sue immagini ci raccontano di ville con piscina a Montecarlo, di attici a Manhattan o ai piedi delle Torre Eiffel, lui scattava per lo più in casa di amici o in quelle delle persone che ritraeva o nelle sue case che aveva sparse per il mondo. Le sue location preferite erano le grandi città come Parigi o Berlino, o le ville monumentali del lago di Como… Visioni di vita quotidiana, la sua. Concessioni fatte all’umanità di poter dare uno sguardo ad un mondo abitato da donne bellissime, discinte e disponibili, che vivono in case da film. Quelle di Newton sono delle visioni voyeuristiche di una società occidentale ricca e opulenta, arrogante e trasgressiva. Le donne di Newton sono annoiate, prepotenti, capricciose e fisicamente perfette, sono le donne che tutti gli uomini vorrebbero avere ma nessuno vorrebbe sposare, ma sono donne spesso tristi, insoddisfatte, la loro disponibilità è solo fisica, non morale.


Queste donne si baciano tra loro per noia, perchè vivono da sole in case senza uomini troppo affaccendati a fare altro. Le rare volte che gli uomini appaiono al cospetto di queste donne languide hanno sempre un ruolo subalterno, sottomesso, servile. Ecco quindi uomini baciare manichini o stare con lo sguardo basso, preso da altri pensieri mentre ci sono due donne davanti a lui riflesse nello specchio che amoreggiano tra loro completamente nude. Le donne di Newton arrivano ad interpretare il ruolo dell’altro sesso fino al punto di indossare abiti maschili e a tagliarsi i capelli in un continuo gioco fatto di ruoli e di identità. Gli uomini nel migliore dei casi stanno a guardare o sono schiavi della bellezza femminile.


Le modelle che il grande maestro tedesco sceglie per le sue visioni fotografiche giocano alla cavallina con tanto di frustino tra i denti all’interno di lussuosissime residenze, vestono con vertiginosi tacchi a spillo e ostentano la loro superba bellezza facendone un uso di fortissimo erotismo, mai volgare, mai pornografico. Per primo Newton ha portato il nudo nella fotografia di moda, pubblicizzando gli abiti e gli atelier internazionali con modelle in nudo integrale.
Vedendo la mostra di Roma, con oltre 200 foto tratte da 3 libri che sono stati diffusi in tutto il mondo, si ripercorre la storia della poetica visiva di questo grande artista. L’osservatore poco attento viene immancabilmente rapito dalla bellezza plastica delle modelle che qui vengono usate nel vero e proprio senso letterale del termine per interpretare il loro quotidiano, per quanto questo sia distante dal vissuto comune. Ad uno sguardo più approfondito ci si rende conto di come queste foto abbiano dettato 40 anni fa gli stili della fotografia moderna e contemporanea, di come le sue inquadrature, i suoi tagli e lo stile cromatico che otteneva in camera oscura siano oggi del tutto attuali e gli stessi che cerchiamo di ottenere con gli effetti di Photoshop.





La filosofia nel boudoir-Bdsm creuza du male